I danni causati dall'ISIS e la crescente inefficacia dell'Iran
laquila.substack.com
La recrudescenza di scontri tra Hamas ed Israele ha spesso caratteri comuni: Un evento particolare scatena la rabbia popolare palestinese, le organizzazioni paramilitari della West Bank (Fatah) e della Striscia di Gaza (Hamas) si appropriano del sentimento e lo convogliano in operazioni di sabotaggio, terrorismo o (come in questo caso) aperta guerriglia.
Dal canto loro gli Israeliani sono passati dal vedere il meccanismo con paura per via del rischio di un attacco congiunto , in quanto intepretato (o usato come scusa) dai paesi vicini per molti decenni come una richiesta d’aiuto dei palestinesi (Egitto, Siria, Libano, Arabia Saudita, Iran, Iraq…), a sfruttarlo per direzionare l’opinione pubblica dello stesso paese in tempo di elezioni.
Il fenomeno in se non si traduce necessariamente in un processo davvero così lineare in realtà. Se la Casa Bianca di Biden non avesse annullato alcuni ordini esecutivi promulgati da Trump Hamas non avrebbe potuto dirottare gli aiuti umanitari, inviati periodicamente dagli Stati Uniti, verso l’acquisto di armi che il gruppo paramilitare utilizza un giorno si e l’altro pure in zone abitate da civili così da scatenare -almeno sulla carta- l’indignazione internazionale quando arriva la rappresaglia.
Per farlo hanno prima finto di voler invadere Gaza spingendo l’organizzazione e molti dei suoi rappresentanti più importanti sottoterra, poi hanno avviato bombardamenti mirati con artiglieria sulle postazioni di lancio di missili terrestri e sui nodi centrali della rete di tunnel coordinando il tutto con raid aerei.
Un ulteriore indicazione di questa evoluzione è il relativo silenzio di Fatah, l’organizzazione paramilitare appartenente alla West Bank, spesso caratterizzata come in competizione con Hamas ma in realtà abbastanza vicina e con obiettivi comuni la quale ha preferito non esporsi onde evitare di perdere quei limitati aiuti garantiti dagli stessi Israeliani e da altri paesi arabi come gli Emirati Arabi Uniti.
Arriviamo quindi alla parte preannunciata nel titolo: l’ISIS e l’Iran.
Hamas ha ricevuto ampio supporto da parte di Teheran e quest’ultima ha ignorato, facilitato e o supportato operazioni sia della suddetta che dello Stato Islamico prima di diventare un acerrimo nemico del secondo. Il mondo arabo ha visto, ha capito e si è stufato.
Da questo punto di vista la “classe dirigente” di molti paesi della penisola araba ha dovuto confrontarsi con le conseguenze di tattiche di guerriglia e guerra ibrida che hanno finito per favorire la nascita di un orrore com l’ISIS il quale prometteva di soggiogare anche loro.
Questo dal nostro punto di vista è il risultato più di ripetuti incoraggiamenti verso varie dottrine interpretativa del Corano di carattere radicale che dei ripetuti conflitti in Medio Oriente (che certamente non hanno aiutato).
Ma lì dove Riyadh non ha potuto fare a meno di confrontarsi con la pesantezza della situazione Teheran ha continuato a giocare fino a bruciarsi portando il resto della Umma (termine usato per indicare il concetto di comunità “araba” o “mussulmana” o “di religione islamica”) ad identificare molta della dottrina sciita con una dimensione da cui è preferibile allontanarsi sia anche solamente per una questione di potere e di scontro tra i sauditi e gli iraniani.
I danni causati dall'ISIS e la crescente inefficacia dell'Iran
I danni causati dall'ISIS e la crescente inefficacia dell'Iran
I danni causati dall'ISIS e la crescente inefficacia dell'Iran
La recrudescenza di scontri tra Hamas ed Israele ha spesso caratteri comuni: Un evento particolare scatena la rabbia popolare palestinese, le organizzazioni paramilitari della West Bank (Fatah) e della Striscia di Gaza (Hamas) si appropriano del sentimento e lo convogliano in operazioni di sabotaggio, terrorismo o (come in questo caso) aperta guerriglia.
Dal canto loro gli Israeliani sono passati dal vedere il meccanismo con paura per via del rischio di un attacco congiunto , in quanto intepretato (o usato come scusa) dai paesi vicini per molti decenni come una richiesta d’aiuto dei palestinesi (Egitto, Siria, Libano, Arabia Saudita, Iran, Iraq…), a sfruttarlo per direzionare l’opinione pubblica dello stesso paese in tempo di elezioni.
Il fenomeno in se non si traduce necessariamente in un processo davvero così lineare in realtà. Se la Casa Bianca di Biden non avesse annullato alcuni ordini esecutivi promulgati da Trump Hamas non avrebbe potuto dirottare gli aiuti umanitari, inviati periodicamente dagli Stati Uniti, verso l’acquisto di armi che il gruppo paramilitare utilizza un giorno si e l’altro pure in zone abitate da civili così da scatenare -almeno sulla carta- l’indignazione internazionale quando arriva la rappresaglia.
Inoltre la strategia degli Israeliani è stata molto più misurata del solito.
Con l’inizio delle schermaglia alcuni giorni fa e l’assenza di chiare condanne verso Israele da parte di molti paesi arabi Tel Aviv ha cominciato ad accarezzare un’impostazione (condivisa da molti rappresentanti anche del centro destra e del centro sinistra tra cui lo stesso Benny Gantz) molto diversa dal solito: eradicare Hamas.
Per farlo hanno prima finto di voler invadere Gaza spingendo l’organizzazione e molti dei suoi rappresentanti più importanti sottoterra, poi hanno avviato bombardamenti mirati con artiglieria sulle postazioni di lancio di missili terrestri e sui nodi centrali della rete di tunnel coordinando il tutto con raid aerei.
Un ulteriore indicazione di questa evoluzione è il relativo silenzio di Fatah, l’organizzazione paramilitare appartenente alla West Bank, spesso caratterizzata come in competizione con Hamas ma in realtà abbastanza vicina e con obiettivi comuni la quale ha preferito non esporsi onde evitare di perdere quei limitati aiuti garantiti dagli stessi Israeliani e da altri paesi arabi come gli Emirati Arabi Uniti.
Arriviamo quindi alla parte preannunciata nel titolo: l’ISIS e l’Iran.
Hamas ha ricevuto ampio supporto da parte di Teheran e quest’ultima ha ignorato, facilitato e o supportato operazioni sia della suddetta che dello Stato Islamico prima di diventare un acerrimo nemico del secondo. Il mondo arabo ha visto, ha capito e si è stufato.
Da questo punto di vista la “classe dirigente” di molti paesi della penisola araba ha dovuto confrontarsi con le conseguenze di tattiche di guerriglia e guerra ibrida che hanno finito per favorire la nascita di un orrore com l’ISIS il quale prometteva di soggiogare anche loro.
Questo dal nostro punto di vista è il risultato più di ripetuti incoraggiamenti verso varie dottrine interpretativa del Corano di carattere radicale che dei ripetuti conflitti in Medio Oriente (che certamente non hanno aiutato).
Ma lì dove Riyadh non ha potuto fare a meno di confrontarsi con la pesantezza della situazione Teheran ha continuato a giocare fino a bruciarsi portando il resto della Umma (termine usato per indicare il concetto di comunità “araba” o “mussulmana” o “di religione islamica”) ad identificare molta della dottrina sciita con una dimensione da cui è preferibile allontanarsi sia anche solamente per una questione di potere e di scontro tra i sauditi e gli iraniani.